domenica 28 luglio 2013
Applicazioni troppo potenti, gli smartphone faticano ad aggiornarsi
Di solito la velocità dei computer raddoppia ogni 18-24 mesi, ma aggiornare i processori oggi costa davvero troppo. Colpa di limiti tecnologici e requisiti grafici da capogiro. È davvero la fine?
C'era una volta la legge di Moore e la certezza che la velocità dei computer sarebbe raddoppiata ogni due anni. Ha funzionato per un po' e grazie alla costante miniaturizzazione dei processori i PC sono diventati sempre più potenti. Più un circuito diventa piccolo, maggiore è il numero di unità di calcolo che occupano la stessa area. Semplice, no? Tutto andava per il meglio, ma a un certo punto qualcuno ha avuto l'idea di trasformare gli smartphone in macchine delle meraviglie in miniatura. E il mondo ha iniziato a scricchiolare.
Come riporta PCWorld, il produttore di processori AMD ha lamentato segnali di rallentamento nel passaggio dei chip da 28 a quelli da 20 nanometri (nm) a causa dei costi di manifattura troppo elevati. Ma cosa c'entrano le app in tutto questo? Software e hardware sembrano sì due mondi separati, ma in realtà devono scontrarsi tutti i giorni. Per fare girare al massimo della velocità un gioco dalla grafica mozzafiato - su iPad ne trovate a valanghe - servono un processore e una memoria RAM all'altezza della situazione.
Il vero problema è che gli sviluppatori di app premono l'acceleratore più a fondo rispetto alle case produttrici di processori. Morale della favola di Moore, smartphone e tablet dal software gigante non possono poggiare sulle spalle di un hardware nano. Tradotta in gergo quotidiano, se strapazzi troppo il tuo iPhone, prima o poi quello crasha. A dirlo è anche un lungo e dettagliato post dello sviluppatore iOS Drew Crawford: siamo di fronte a un muro tecnologico oltre il quale non è facile ottenere maggiori prestazioni solo grazie a nuovi algoritmi di programmazione.
In poche parole, serve nuovo hardware sempre più veloce e miniaturizzato. Ma se i nuovi processori saranno troppo costosi per computer fissi e portatili - la legge di Moore non si applica a supercervelloni elettronici fuori dal mercato - per smartphone e tablet andrà anche peggio. La triste verità è che i chip di nuova generazione, come quelli da 22 nm di Intel, non sono fatti per i dispositivi mobile monopolizzati dall'azienda inglese ARM.
In realtà non è detto che l'apocalisse dei chip sia in agguato dietro l'angolo. Girano voci sul fatto che Samsung stia lavorando a processori da 14 nanometri per iPhone da consegnare a Apple nel 2015, ma è troppo presto per cantare vittoria in nome di Moore. App e sistemi operativi di smartphone e tablet galoppano a velocità sfrenata per stare al passo con le richieste del pubblico: se il tuo nuovo prodotto non è più sottile-veloce-multifunzione sarà difficile convincere qualcuno a comprarlo.
Nella peggiore delle ipotesi, un mercato senza nuovi modelli di computer e dispositivi mobili sensazionali convincerebbe le persone che l'età dell'oro della tecnologia sia finita. Il fisico statunitense Michio Kaku immagina quel momento nel suo libro Physics of the Future: “Intorno al 2020 o giù di lì la legge di Moore cesserà gradualmente di essere vera. A quel punto, la Silicon Valley potrebbe trasformarsi in una rust belt", una cintura di ruggine. "A meno che non salti fuori una nuova tecnologia al posto del silicio”.
È così: per vincere la battaglia contro app e software sempre più esigenti in termini di memoria, i produttori di chip dovranno prima o poi abbandonare i vecchi circuiti in silicio. Batterie sempre più efficienti e meno ingombranti possono salvare un po' di spazio nel case di smartphone e tablet, ma non risolvono il problema alla radice. Il vero salto della barriera tecnologica lo faranno i computer quantistici, solo che potrebbe volerci un po' di tempo prima di vederli in formato tascabile.
Comunque vada, la legge di Moore non dormirà mai sonni tranquilli. Nel 2009 due scienziati le hanno attribuito ancora 75 anni di validità. La sua sconfitta, sostengono i due autori, non sarà dovuta né all'hardware né al software. A bloccare la corsa secolare dei computer saranno invece la fisica e il limite massimo della velocità della luce. Quel giorno lontano cestineremo tutti i nostri dispositivi e non ci penseremo più.