lunedì 15 aprile 2013

Senza digitale l'Italia affonda lentamente e muore

Un nuovo report certifica nuovamente l'arretratezza italiana nel settore dell'adeguamento alle nuove tecnologie. Sono pochi i politici attenti a questo tema, che pure potrebbe far crescere il PIL e ridurre la disoccupazione.

Fa notizia l'uomo che morde il cane e non viceversa, e dunque perché stupirci se nel rapporto Global Information Technology Report 2013 del World Economic Forum l'Italia è collocata al cinquantesimo posto su 144 paesi monitorati?

La solita classifica usata per piangerci addosso, dirà qualcuno. E no, stavolta il rating fa particolarmente male, perché i cinquantaquattro indicatori presi in esame dai ricercatori del WEF misurano il grado di preparazione di un'economia nell'utilizzare la tecnologia per favorire la competitività e il benessere. Costatare di essere dietro a Cipro (35° posto), alla Slovenia (37°), al Kazakhstan (43°), alla Giordania (47°), al Montenegro (48°) e alla Polonia (49°) è deprimente, ma tant'è.

Ormai lo sanno anche i bambini che l'economia digitale è un volano per il PIL e i posti di lavoro. Dice il rapporto che negli ultimi due anni la rivoluzione digitale ha creato nel mondo e fatto crescere il PIL di 193 miliardi di dollari.

E – proseguono impietosi i ricercatori del World Economic Forum – il trend globale dimostra che un aumento del 10 per cento dell'indice di digitalizzazione di un paese porta a una crescita dello 0,75 per cento del PIL pro capite, con la diminuzione dell'1,02 per cento del tasso di disoccupazione.